BERTOLLA VENDESI – Una camminata nel declino inarrestabile dell’ultimo borgo rurale di Torino

Una volta lasciata la caotica strada San Mauro o il Lungo Stura Lazio, addentrandosi nel quartiere di Bertolla ci si ritrova a camminare per vie non squadrate, insolitamente silenziose e poco trafficate, dove tutto sembra più rallentato e tranquillo rispetto al resto della città.

Per la camminata organizzata dall’assemblea Un Altro Piano per Torino, nel pomeriggio di domenica 3 novembre 2024, il ritrovo è in Via Fattorelli 81, in mezzo a due grandi prati che consentono di godersi il tepore del sole, scambiandosi i primi saluti.

A raccontarci delle trasformazioni della zona sono alcuni abitanti, che da diversi anni cercano di attivarsi per difendere la bellezza del quartiere.

Scopriamo subito che i pratoni che ci hanno accolto al nostro arrivo sono in realtà uno dei pochi elementi superstiti di quella bellezza, in gran parte svanita, cancellata da varianti e delibere che in pochi anni hanno cambiato il volto della borgata.

Supermercato, Rsa e più di venti palazzine a Bertolla Sud/Verna
Cascine, case basse, ampie zone prative, orti coltivati, bealere. L’ultimo borgo rurale ha resistito intatto fino allo sviluppo edilizio iniziato con la Variante strutturale al Piano Regolatore n. 100 del 2008, che classificò tutte le aree in base al rischio idrogeologico, definendo i limiti di edificabilità e aprendo così la strada alla Variante Parziale n. 228 del 2012 (Giunta Fassino), con cui il Comune trasformò l’Ambito Bertolla Sud da ATS (Area da Trasformare per Servizi) a ZUT (Zona Urbana di Trasformazione): i limiti precedenti venivano ridotti in modo consistente divenendo possibile una “radicale ristrutturazione urbanistica e di nuovo impianto, indipendentemente dallo stato di fatto”. Lo “stato di fatto” era costituito in gran parte da prati su cui non si era mai costruito fino ad allora, terreni vergini da sfruttare per una speculazione che interessava una superficie territoriale di 153.000 mq, da strada San Mauro al canale derivatore. Con lo Studio Unitario d’Ambito e il Piano Esecutivo Convenzionato del 2018 (Giunta Appendino), proposto da una cinquantina di proprietari, vennero accorpati gli indici di edificabilità relativi ai vari terreni pubblici e privati, concentrando le previsioni edificatorie in alcune aree. Furono previsti un supermercato, una RSA e più di venti palazzine di quattro piani fuori terra più mansardato. Penny e la RSA sono stati già realizzati. Il pian terreno degli edifici potrà essere utilizzato solo per autorimesse, a causa del rischio idrogeologico. Il Comune poteva così incassare 3 milioni di euro per gli oneri di urbanizzazione (peraltro ricaduti solo in minima parte nell’area) e i privati valorizzare i propri terreni edificabili. Petizioni e forti contestazioni non furono ascoltate.

Solo i prati comunali del lotto X sono salvi grazie alla petizione dei cittadini del 2022
Nel 2022 una nuova Petizione, per cui in un mese furono raccolte mille firme, chiese di fermare almeno la cementificazione del decimo lotto, di proprietà del Comune. Quello che comprende proprio i due prati di via Fattorelli 81. L’amministrazione (Giunta Lo Russo) ha accolto la richiesta promettendo di prevedere l’inedificabilità dei due terreni nel nuovo Piano Regolatore, anche se per ora non esiste alcun atto approvato che conferma questa decisione.

La RSA prestige della plurindagata Orpea
Proseguendo per alcuni metri lungo via Fattorelli incontriamo la nuova RSA, residenza prestige per anziani, ad elevato standard alberghiero, dal nome “Giardino degli Aironi”. La struttura, pubblicizzata come immersa nel verde e annunciata, al tempo del cantiere, dai tabelloni della campagna Torino 2030 sostenibile e resiliente, ha cancellato l’enorme prato raffigurato sullo striscione che viene srotolato davanti alla recinzione: “La gente veniva a fare merenda, si sedeva, potevi trovare gli animali al pascolo. Ogni volta che giravi l’angolo pensavi: è una meraviglia”.

Completamente fuori scala rispetto al contesto (per il rischio idrogeologico è stato costruito un piano in più), la RSA si trova a poche centinaia di metri da quelle di via Torre Pellice e di strada San Mauro. “Dalle suite dicono che si scorge la Gran Madre. Ma da qui sotto ora non si vede neanche più Superga”.

Osserviamo alcuni ospiti uscire dalla residenza con i loro accompagnatori; all’interno non è stata neanche progettata la presenza di un giardino e gli ospiti sono costretti a utilizzare l’area verde antistante da poco realizzata, chiamata “giardino sensoriale”. Non possono farlo spesso però perché l’erba viene raramente tagliata e, a differenza del prato scomparso, non c’è terra profonda: è stato costruito come compensazione dove in passato veniva prodotto materiale edile e dopo poche ore di pioggia viene completamente allagato.

Ancora oggi gli abitanti della cascina davanti alla quale la RSA è sorta non hanno accesso al retro della propria casa, che è stata anche gravemente danneggiata durante i lavori.

A gestire la residenza è Emeis, nuovo nome della multinazionale francese Orpea, che ha cambiato il marchio dopo lo scandalo scoppiato in Francia in seguito a decine di denunce relative a vari istituti per gravi maltrattamenti sui pazienti, che hanno portato a una commissione parlamentare d’inchiesta e a numerosi procedimenti giudiziari, per messa in pericolo della vita altrui e omicidio involontario.

Borgo dei lavandai e greenwashing a Bertolla Nord
Cominciando a spostarci verso Bertolla Nord viene ricordato che queste edificazioni sono solo l’atto più recente di un declino inarrestabile iniziato a metà degli anni ’80, quando l’area fu definita residenziale e arrivò il cemento. Qui erano tutti prati. Esisteva solo strada della Verna, che partiva dalla strettoia, attraversava prati e cascine e usciva al curvone.

Ci fermiamo in una piazzetta dietro strada Bertolla, una volta superata la chiesa di San Grato. L’oratorio è rimasto uno dei pochi luoghi di aggregazione. Le trasformazioni hanno azzerato le relazioni sociali. Camminando per le strade incontri solo muri. Non ci sono negozi o posti per incontrarsi”.

Un murales ricorda il passato di borgo dei Lavandai. Già dall’inizio dell’800 molte famiglie della zona erano dedite al lavaggio a mano dei panni per la clientela, faticosa attività favorita dalla grande disponibilità d’acqua – grazie alla serie di canali derivati dallo Stura – e dai grandi prati, utilizzati per stendere al sole. Questa attività economica cominciò a sparire con la meccanicizzazione degli anni ’30 e poi, definitivamente, negli anni ’60.
Un passato che viene descritto anche da alcuni pannelli installati dal Comune, che raccontano la storia della “terra di là dal fiume” ma anche gli anni della trasformazione.Leggiamo: “Il presente e il futuro, Bertolla oggi: un quartiere consapevole del suo passato e legato ad esso, tuttavia disposto anche a cambiare pur nell’assoluto rispetto delle sue antiche peculiarità… In un contesto ambientale ancora particolare e piacevole… E l’intenzione è di fare sempre meglio…!”.

Basta girare lo sguardo per scoprire una realtà ben diversa. La sequenza di edifici costruiti sempre su terreni vergini una decina di anni fa al di là della mini-rotonda è stata realizzata senza che fosse necessaria la variante di Piano, ma semplicemente con lo Studio Unitario d’Ambito, con cui sono state accorpate le aree edificatorie, dopo che la maggior parte dei proprietari aveva dato la disponibilità. Le ditte proponenti firmarono un atto che escludeva la possibilità di rivalersi sul Comune in caso di alluvioni; il Comune era pertanto sollevato da ogni responsabilità avendo avvisato del rischio idrogeologico.
Dovrebbero essere edificate altre cinque palazzine come queste ma molti abitanti sembrano non credere al fatto che ciò possa essere realizzato, a causa della carenza di domanda.

Sull’Isolone non c’è più il bosco
Proseguendo lungo strada di Bertolla incontriamo lo scheletro di un edificio in costruzione, questa volta rientrante nella trasformazione dell’Ambito 6H; il cartellone annuncia: 4 piani, 28 alloggi, consegna prevista per il 2025. Anche in questo caso è stato scelto un nome rassicurante e bucolico: “Condominio Parco degli Aironi”.

Ci dirigiamo verso il Po e l’Isolone Bertolla, dove gli aironi però nel tempo sono diminuiti. Ci fermiamo di fronte all’Isolone, sulla pista ciclopedonale (che fa parte della Venezia-Torino) molto frequentata da ciclisti e pedoni. L’Isolone è diventato tale dalla metà degli anni ‘50, quando fu realizzato il canale derivatore, che prende l’acqua all’altezza della diga del Pascolo e ritorna al Po dopo il salto nelle turbine della centrale idroelettrica.

Fa parte della Zona di Protezione Speciale del Meisino Confluenza Po – Stura, sito della Rete Natura 2000, tutelata dalla normativa comunitaria in quanto oasi naturalistica di particolare rilievo, ricca di specie vegetali tipiche degli ambienti umidi e ripariali e di una variegata avifauna selvatica. L’Isolone è noto per ospitare una garzaia di aironi cenerini che hanno scelto il fitto bosco per nidificare (insieme al caso di Amsterdam è l’unica garzaia in Europa ad essere situata entro i confini di una grande città). Dagli 80 nidi degli anni ’90 e i 100 registrati nel 2007, si è passati ad alcune decine di coppie di aironi tra il 2016 e il 2022, arrivando a 17 coppie nel 2023 e 50 nel 2024.

Dopo l’attività di silvicoltura con impianto di pioppi per fare legna, conclusasi nel 2006, negli anni si verificò un naturale rimboschimento che coprì quasi tutta l’isola, la quale, è bene ricordarlo, è interdetta al pubblico. Un luogo unico, un polmone verde esteso per 48 ettari, importante scrigno di biodiversità.

Il bosco è stato quasi completamente eliminato, sostituito da prati per il pascolo. Si è iniziato con alcuni interventi di diradamento nel 2019, fino ad arrivare, negli anni successivi, alla distruzione quasi completa del bosco. Centinaia di alberi abbattuti, un ecosistema annientato. Senza copertura arborea inoltre l’isola è completamente esposta all’effetto corrosivo delle piene del Po, che inevitabilmente in passato l’hanno allagata.

L’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese, a cui sono stati dati in concessione i terreni demaniali, sostiene che l’operazione sia stata finalizzata alla “pulizia” e alla “riqualificazione” dell’area, per la necessità di insediare piante autoctone. Questo nonostante il pioppo rientri tra le specie autoctone della porzione occidentale del bacino del Po. La gestione è stata affidata all’Azienda Agricola Gramaglia, che ha sede poco distante e utilizza l’area come pascolo.

Scopriamo che l’intervento, che si inserisce nella più ampia cornice del piano esecutivo di recupero ambientale dei progetti Pera e Torino Città d’Acque, è collegato alla trasformazione di Bertolla Sud/Verna, di cui costituisce una “compensazione” per i terreni naturali scomparsi.

Alla luce dei cambiamenti che hanno interessato successivamente l’area del Meisino, sembra che l’eliminazione del bosco dell’Isolone abbia dato inizio ad un processo di declassamento dell’intera Zona di Protezione Speciale, che forse si sta allargando a tutta la città, in cui i parchi vengono sempre più sfruttati per scopi estranei e deleteri per le loro caratteristiche naturali.

Piazza Monte Tabor per le automobili
Per proseguire sulla ciclovia verso il ponte della centrale idroelettrica, attraversiamo Piazza Monte Tabor, un angolo nascosto in cui il tempo sembra essersi fermato, fatto di piccole case, ma invaso dalle auto. Qui gli abitanti alcuni anni fa si sono opposti alla valorizzazione della piazza e dello spazio pubblico con l’inserimento di alberi e panchine, preferendo conservare il parcheggio sotto casa.

Il Centro di educazione ambientale e sportiva che devasta il Parco del Meisino
Arriviamo al ponte della centrale idroelettrica, che è anche un accesso all’isolone.
Viene ricordato che nelle varie opzioni alternative che gli organizzatori del Todays Festival (svoltosi al Parco della Confluenza a fine agosto) avevano proposto, c’era proprio l’Isolone (nonostante sia area protetta e non aperta al pubblico) e questo piccolo ponte quindi sarebbe stato l’ingresso per gli 8.000 spettatori previsti. Una soluzione al limite del ridicolo, proposta affinché la scelta finale ricadesse su altre opzioni, che però il Comune e l’Ente Parco hanno considerato come se fosse frutto di uno studio serio, sentendosi poi costretti ad escluderla rispetto al male minore rappresentato dal parco della Confluenza.

Dopo il disboscamento dell’Isolone, l’aggressione alla Zona di Protezione Speciale è proseguita con la Cittadella dello Sport al Parco del Meisino, invenzione dell’assessore allo sport Carretta (coadiuvato dall’assessore al verde pubblico Tresso). Avendo la possibilità di accedere ai fondi del PNRR (11,5 milioni di euro) per strutture sportive, l’assessore ha infatti deciso di non destinarle ai tanti impianti pubblici esistenti che avrebbero bisogno di una ristrutturazione (come le piscine Sempione, Rari Nantes e molte altre strutture), ma di ideare un enorme progetto di parco tematico, che prevede la ristrutturazione dell’ex galoppatoio militare (Cascina Malpensata), il quale diventerebbe un “Centro per l’educazione sportiva e ambientale”, e l’installazione di molteplici strutture sportive, tra cui quelle per ciclo cross, mountain bike, pump track, biathlon, con il posizionamento di passerelle anche nell’area umida.

È la Giunta a portare avanti tutto, senza coinvolgere il Consiglio né i cittadini. Il Progetto Esecutivo viene approvato il 9 luglio di quest’anno. Un intervento che impatta in modo pesantissimo sul parco e che presenta molte irregolarità, tra cui il fatto che il Piano d’Area non consente la ristrutturazione della cascina Malpensata, perché il Meisino si trova all’interno dell’alveo di piena del fiume, dove il rischio idrogeologico è massimo; essendoci già state esondazioni e in quell’edificio non si dovrebbe tornare a lavorare, operare, studiare. L’escamotage per superare l’ostacolo però è stato quello di denominare l’intervento “risanamento conservativo”.

L’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese, dopo aver imposto qualche modifica, ha rilasciato parere positivo, nonostante la Valutazione d’Incidenza si sia svolta in modo superficiale e si sia ritenuto di non dover assoggettare il progetto alla Valutazione Ambientale.

La contestazione dei cittadini è stata forte; sono state raccolte più di 11.000 firme e portate avanti tante iniziative per cercare di salvare il Parco. I lavori sono iniziati da alcune settimane ma il comitato Salviamo il Meisino continua ad opporsi, attraverso i presidi che organizza quasi ogni mattina per monitorare i lavori.

Di fronte alle luci della collina, avvolti nella prima nebbia della sera, lasciamo Bertolla, costeggiando gli ultimi prati rimasti.

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