Ex ThyssenKrupp: un’area che chiede giustizia (e da troppo tempo!) (Una giustizia certa e che non vada a compensare altre ingiustizie)

Il Consiglio Comunale di Torino lunedì 18 marzo 2024 ha approvato la delibera n. 134  che dà avvio alla Variante al Piano Regolatore che modificherà la destinazione d’uso dell’area di proprietà Acciai Speciali Terni – ex ThyssenKrupp (corso Regina Margherita 400) da produttiva a verde. L’amministrazione quindi apre una nuova pagina nella storia di questa porzione di città, ma lo fa tardivamente continuando a lasciare nell’incertezza gli abitanti riguardo alla sua bonifica definitiva e a negoziare con chi per decenni ha inquinato i terreni e le acque della zona. Intanto però in parallelo porta avanti senza esitazioni il progetto dell’ospedale alla Pellerina, ignorando le forti contestazioni e le criticità.

E’ una storia travagliata quella dell’ex area Thyssen. Una di quelle faccende in cui scavando nel suo passato, anche quello più recente, ti ritrovi impantanato nello sporco. Uno sporco che si trasforma in tragedia con i 7 operai deceduti sul lavoro nello stabilimento in dismissione, che si materializza in inquinanti putridi e cancerogeni presenti nel suo sottosuolo e fin giù nella falda acquifera, e che assume un aspetto torbido valutando l’operato delle amministrazioni comunali e delle proprietà aziendali durante i 17 anni trascorsi dalla chiusura dell’acciaieria.

Abbiamo assistito in queste ultime settimane a dichiarazioni e interventi politici riportanti temi quali “giustizia”, “bonifica”, “ricucitura urbanistica verde”, “ambiente come priorità”… insomma, un vero e proprio sogno per chi crede nell’ecologia! La speranza però è quella di non risvegliarsi con l’amaro in bocca. Ma andiamo con ordine per fissare alcuni punti e non essere accusati di essere troppo vaghi.

C’è un’amministrazione torinese che da un giorno all’altro si scopre interessata al “cadavere industriale” attiguo al parco della Pellerina e inizia a prendere di petto la situazione presentando una delibera e valutando la possibilità di immaginare proprio su quei terreni una futura infrastruttura verde (un parco pubblico là dove c’era la città – produttiva) al fine di mettere pressione alla proprietà attuale dello stabilimento. Bene! Finalmente! Ma ci chiediamo, come si è arrivati a cotanta presa di posizione? Qui però la storia si fa interessante perché tale delibera va in realtà ad appoggiarsi a quella presentata mesi prima da cittadini attivi, che si battono per evitare che una buona fetta del parco della Pellerina venga cementificata causa la costruzione di un ospedale, che vorrebbero fosse invece costruito nell’area contaminata. Dicevamo, la delibera si appoggia a quella dei cittadini, ne prende spunto, la trasforma e ne esce cambiata. Niente più possibilità di avere l’ospedale sui terreni incriminati, è vero, ma comunque un tentativo di riprenderseli quei terreni, almeno parzialmente, e pure puliti, “verdi”, bonificati, destinando gran parte di quell’area a parco urbano, il che imporrebbe concentrazioni di residui di inquinanti post-bonifica da rispettare molto più basse.

Eppure per una vera bonifica i torinesi dovranno ancora attendere (semmai la vedranno!) perché nonostante un emendamento all’ultimo minuto abbia cancellato il riferimento alla MISO (Messa In Sicurezza Operativa) presente originariamente nella delibera, resta il fatto che non ne venga specificata la sua sospensione. E non è cosa da poco!

Il progetto di MISO predisposto da Acciai Speciali Terni (AST) SpA, approvato dal Comune lo scorso 1° dicembre, comporterà nei fatti, oltre all’eliminazione degli idrocarburi, l’iniezione (in falda e in una delle sorgenti della contaminazione) di agenti chimici che favoriscono la riduzione del Cromo VI (esavalente) alla forma solida (e quindi più stabile) di Cromo III (trivalente). Interventi di semplice contenimento quindi, che peraltro in parte ripropongono tecniche già applicate nella Messa in Sicurezza d’Emergenza delle acque di falda (MISE) per il contenimento della contaminazione al perimetro, avviata nel 2019 e tuttora in corso, la quale oltretutto non ha ottenuto i risultati sperati visto che, nei punti di monitoraggio, ha avuto solo “effetti temporanei e limitati”. Al termine della MISO (la cui modica durata prevista è di sette anni!) il cromo sarà ancora lì ben presente nel terreno mentre la vera bonifica (cioè l’eliminazione di fonti di inquinamento e sostanze inquinanti o la riduzione delle loro concentrazioni ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio) dovrà essere ancora eseguita. La determina dirigenziale di dicembre chiariva che, dopo la MISO, “una volta definita la destinazione d’uso dell’area mediante gli opportuni strumenti urbanistici, il sito sarà verosimilmente sottoposto a un intervento di messa in sicurezza permanente e/o di bonifica a cura del futuro proponente (soggetto responsabile della contaminazione o interessato)”. Passateci la metafora “da brividi” ma a questo punto nasce spontaneo il dubbio che ai sette anni di “congelamento parziale” da MISO possa seguire un intervento di “ibernazione perenne” da tombatura! Cosa per altro già avvenuta in passato in altre aree “falsamente bonificate” della città.

Da notare inoltre che la MISO è utilizzata in genere quando l’attività industriale è in esercizio e non quando, come in questo caso, l’area è già dismessa da lungo tempo e non sussistono ostacoli che impediscono interventi risolutivi, se non lo svantaggio economico per la proprietà (che per la MISO affonterebbe una spesa di 4,5 milioni di euro mentre ne dovrebbe sborsare molti di più per la bonifica completa – giusto per dare un’idea: il costo stimato per la bonifica completa relativa al Parco della salute è di circa 18 milioni di euro -).

Tutte le forze politiche ammettono che è troppo il tempo trascorso dalla dismissione dello stabilimento ThyssenKrupp, ma i partiti di maggioranza non si sentono responsabili dell’inquinamento che si è verificato da allora, visto che nel 2013 avviarono un processo di “rigenerazione” dell’area (intendevano far atterrare un massiccio mix funzionale di residenziale, terziario, produttivo, commerciale spingendosi persino al Castello di Lucento), che fu revocato dall’amministrazione successiva. Analizzando la cronistoria invece sembra che la responsabilità dei ritardi sia in gran parte proprio di quei partiti. Ad esempio ci chiediamo: perché la Messa in Sicurezza d’Emergenza (che è indispensabile effettuare subito per contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione e impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito) è stata avviata solo nell’aprile del 2019? Perché non c’è stata reazione di fronte all’evidente ritardo con cui la AST ha provveduto alla consegna del Piano di Caratterizzazione del sito (ottobre 2013) e dell’Analisi di Rischio (luglio 2014)? In tutti gli anni dall’avvenuta chiusura dello stabilimento nel 2007 il Cromo VI presente nel terreno ha continuato a percolare e, essendo molto solubile, a spostarsi nella falda (tramite l’innalzamento di quest’ultima e con la pioggia) e dalla falda fin nella Dora. Il Comune per molto tempo non ha disturbato AST lasciando che fosse lei a dettare i tempi, rinunciando all’utilizzo di strumenti messi a disposizione dalla normativa: secondo l’art 244 del D. Lgs 152/2006, se il responsabile non provvede, la bonifica è adottata direttamente dall’amministrazione con ordinanza; l’art 257 del decreto 152 e il Codice Penale agli artt 452 bis e seguenti disciplinano i reati di inquinamento, disastro ambientale e omessa bonifica; il decreto 152 all’art 3 ter richiama il principio comunitario “chi inquina paga”. Va ricordato che ThyssenKrupp, la società responsabile dell’inquinamento e proprietaria di AST dal 1994, ha in seguito mantenuto (e mantiene tuttoggi!) una quota di capitale del 15% di AST quando questa fu acquisita nel 2022 da Arvedi.

Un’area, quella della ex ThyssenKrupp, che possiamo quindi definire senza alcun indugio “devastata”, di fronte alla quale oltretutto si vorrebbe sacrificare anche una grande fetta della Pellerina per la costruzione del nuovo ospedale Maria Vittoria e Amedeo di Savoia. Una porzione di area verde equivalente al 10% del parco, che verrà cementificata e privata di centinaia di alberi adulti che verranno abbattuti. A oggi è stata aggiudicata la progettazione ma sono tanti gli aspetti contestati da molti cittadini: ad esempio i criteri non oggettivi utilizzati per l’individuazione del luogo, i paletti iniziali imposti dalla Regione (deve essere un’area pubblica, libera e non da bonificare), le particolari caratteristiche idrogeologiche dell’area vista la vicinanza del fiume, la scarsa trasparenza per la mancata pubblicazione di alcuni documenti, la limitazione (temporale e quantitativa) dei fondi di Inail. In Consiglio le forze di maggioranza (cambiando curiosamente versione rispetto a quanto aveva affermato l’assessore Mazzoleni in Commissione) chiariscono che la destinazione a parco dell’area ex ThyssenKrupp non costituisce una compensazione per la cementificazione della Pellerina, ma di fatto viene annunciata come una trasformazione che porterà a realizzare un parco pubblico aldilà di corso Regina, il quale si collegherebbe alla Pellerina “formando una estesa infrastruttura verde”. La realtà però mette in luce che così facendo si sta scambiando un’area sana (e segnata come Verde nel piano regolatore!) con una che rimarrà per chissà quanto tempo inquinata. Da qui il timore di un risveglio amaro!